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|   Massimo Vaggi Sarajevo novantadue 
 Aprile 1992, città di Sarajevo. Milo ha sedici 
            anni, gioca a pallone, va a scuola e fa la corte a Lana. Nella vita 
            che ancora per poco continuerà a essere normale, il padre lavora 
            come giornalista, Ibrahim l’allenatore sogna per il ragazzo 
            un futuro in una squadra importante, il professor Simo Zivanovic, 
            storico appassionato, tra una lezione e l’altra scrive di Jovan 
            il contadino, rapito nel 1531 dalle milizie di Alibeg per lavorare 
            alla costruzione della moschea del Bey. Ma Sarajevo è città 
            sull’orlo di un baratro, nonostante la finzione dei più, 
            e quando l’assedio inizia si frantumano le regole di ogni comunità. 
            Niente più scuola e pallone, dunque, e nemmeno più un 
            padre; solo granate, esplosioni, case dalle imposte chiuse dietro 
            cui nascondersi e vie con lamiere rabberciate tese tra i lampioni, 
            fragile barriera che vuole proteggere i passanti dalla vista dei cecchini, 
            non certo dai loro spari. Milo potrebbe fuggire, con l’aiuto 
            di un sergente del contingente Onu, ma non sa decidersi: cerca il 
            consiglio del professore, però Simo Zivanovic non è 
            più in grado dii mmaginare un destino qualunque nemmeno per 
            Jovan, personaggio di carta.   | 
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|   Massimo Vaggi Gli apostoli del ciabattino Un intenso racconto umano 
 Giuseppe ha solo otto anni quando il padre Dante capisce che da lui non potrà aspettarsi niente di buono: è svagato, testardo, e non apre mai bocca. Eppure sa parlare, e soprattutto sa ascoltare. La sua educazione alla vita sono le storie che la madre racconta, di contadini furbi e santi irosi, animali da cortile e uomini selvatici. Faticosamente diventa adulto, e anche se in famiglia nessuno si occupa di politica, se Giuseppe non vive che nelle sue fantasie, se Dante non pensa ad altro che al grano e alla canapa, nessuno può preservarsi dal contagio che intorno si diffonde come peste: sono gli anni Venti, e nelle campagne del bolognese esplode lo squadrismo delle camicie nere. E Giuseppe è chiamato a partire soldato per portare la ‘civiltà’ agli abissini...  | 
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