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Racconti di memoria e d'oblio.
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1998 14,00
euro
Rassegna stampa Rivista Paginauno
Altri titoli in catalogo
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I personaggi
di questa raccolta di racconti appartengono quasi tutti all’immensa
famiglia dei ‘miserabili’, gli sconfitti della cosiddetta
società dell’opulenza. Vi compare la lavandaia che si
ammazza di lavoro per mantenere un marito parassita, Sorella Olga
la cui vita non è che dedizione e modestia, la piccola signora
dai capelli bianchi che si alza in piena notte per distribuire i giornali
agli abbonati al fine di portare a casa 63 franchi al mese; vi compaiono
poveri, gente che stenta la vita, sfruttati quasi invisibili all’interno
di una Ginevra lussuosa e lustrata. Per raccontare la miseria dell’essere, Alice
Rivaz non usa (non l’ha mai fatto) alcun artificio letterario;
i suoi sforzi la portano a incontrare, a forza di simpatia e di attenzione
donata ai propri personaggi, la più intima sostanza umana.
In questo modo la scrittrice gioca il ruolo di medium attraverso il
quale ci perviene la voce, sempre soffocata, di quegli ‘altri’
sofferenti. Vengono in mente, a tal proposito, gli ospiti dei ricoveri
(nel racconto La bella vita) di fronte ai visitatori impazienti
“di riguadagnare il più presto possibile il mondo dei
vivi” per “ricominciare a mordere avidamente la carne
cruda, sanguigna, saporosa della loro vita della quale, appena entrati
qui, si sono sentiti crudelmente privi e furiosamente affamati”. Al termine dello splendido racconto Lavoratrici
a domicilio il lettore incontra questa emblematica riflessione
sull’ambiguità insita nel lavoro di scrittrice: Alice
Rivaz conosce una signora il cui marito è morto dopo aver portato,
durante un trasloco, una macchina per cucire troppo pesante per le
sue forze, “e tornando a casa pensavo già che forse più
tardi, quando ne avessi avuto il tempo, ne avrei tratto un racconto.
A quell’idea, nella mia mente le sofferenze del pover’uomo
con le ulcere aperte cominciavano impercettibilmente a cambiare natura.
Dapprima oggetto di una profonda compassione, diventavano a poco a
poco materia di scrittura. […] Quelli che hanno la pretesa di
scrivere sono fatti così. ‘Sciacalli,’ come Romain
Gary ha detto una volta di se stesso. A quell’epoca il paragone
mi sarebbe sembrato ingiusto e perfino umiliante. Oggi lo prendo in
considerazione senza batter ciglio”. L’Oblio racconta un incubo generato
da un senso di colpa, la cui apparizione onirica conduce la dormiente
a contemplare con spavento una delle zone più oscure, più
ingrate del suo Io segreto. Il tema è quello dell’abbandono
delle persone amate (i genitori, nella fattispecie), ed è un’altra
modulazione di quel tema che si incontra di nuovo in Distanza,
dove l’immagine del padre, appena percepita, sfugge una volta
di più alla presa e in cui l’ultima frase riassume non
solamente questi racconti così avvincenti, ma una buona parte
dell’intera opera di Alice Rivaz. È stato, dice, “come
se una volta di più, fossi riuscita a incontrarlo appena per
un istante, nient’altro che un passante su questa lunga strada
dove ognuno cammina da solo”. L’Autore:
Definita la Grande Dame
della letteratura svizzera, Alice Rivaz (qui
la scheda Autore completa) nasce nel 1901 a Rovray. Dalla più
tenera infanzia vive sulle rive del lago di Ginevra, dove lavora fino
all’età della pensione al Burea International du Travail.
Nel mondo degli impiegati degli Organismi Internazionali ambienta
il suo primo romanzo L’ora prima (Nuages dans le
main – 1940), che rivela la capacità della Rivaz
di costruire la trama attraverso la vita interiore dei personaggi,
con immagini, parole e sensazioni. Nel 1945 pubblica Un peuple
immense et neuf (Un popolo immenso e nuovo), un invito
alle donne a prendere in mano la penna, ma la tematica femminile esplode
nel romanzo-pamphlet La paix des ruches (1947, La pace
degli alveari); un testo che anticipa di due anni i temi della
riflessione femminile trattati da Simone De Beauvoir. |